Gazzetta di Reggio: Il diario dal Transatlantico giorno 6

La rubrica quotidiana per l’elezione del Presidente della Repubblica

I processi politici, molte volte, necessitano di tempo per potere maturare: possono essere ore o giorni, ma quasi sempre deve accadere un fatto che produca un’accelerazione di tale processo. È quello che ho imparato, in questi anni di presenza nel mondo della politica e delle istituzioni, ed è ciò che si è verificato nella giornata di ieri. Dopo quattro giorni di incontri, riunioni, dichiarazioni e schermaglie più o meno reali, al primo vero scrutinio con l’indicazione di un nome da parte del centrodestra, l’elezione verso il presidente della Repubblica ha subìto una necessaria, quanto opportuna, accelerata.

La giornata di ieri in cui si sono svolte, per la prima volta da inizio settimana, due votazioni nella stessa giornata, era stata individuata da diversi grandi elettori e da attenti cronisti come una giornata chiave per l’elezione, e così si è rivelata; nonostante ancora non sia stato eletto il presidente e ancora sia in fase di spoglio il sesto scrutinio, proprio mentre vi scrivo.
Tutto è maturato nella notte di giovedì, quando, dopo una lunga girandola di possibili nomi, più o meno sondati, più o meno realmente in campo, il centro destra ha deciso di avanzare la candidatura della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, da sottoporre allo scrutinio della mattinata. In assenza di un’interlocuzione ampia e reale con il centro sinistra, quest’ultimo ha considerato la proposta un’inutile prova di forza, che avrebbe solo l’obiettivo di mettere in discussione la tenuta della maggioranza e di conseguenza il governo Draghi, mentre dal centro destra si evidenzia come la seconda carica dello Stato possa essere un nome che trova un’ampia condivisione, ma soprattutto utile per mantenere una possibile unità della coalizione stessa che, lo vedremo, rimarrà poi tale solo nelle intenzioni.

Gli incontri e le riunioni, quindi, si spostano dalla sera alla mattina. Iniziano presto gli incontri dei segretari delle varie forze politiche, da una parte il centrodestra, dall’altra il centrosinistra: è quasi una partita a scacchi, dove esiste anche un minimo di strategia sulle mosse successive per consentire alla controparte di rispondere. Noi veniamo riuniti alle nove nella Sala del Mappamondo, la sala centrale della Camera, posizionata al quarto piano, disposta in forma semicircolare durante la normale attività legislativa. È l’aula dove normalmente si riuniscono le commissioni congiunte, per esaminare i provvedimenti più importanti: è l’aula, per capirci, che ospita le lunghe maratone notturne, soprattutto in sede di discussione e approvazione dei provvedimenti economici e finanziari.

Si tratta di una sala particolarmente frequentata in epoca recente grazie alla sua ampiezza, decorata da un imponente globo di legno; è la stessa che ci ha visto, nel 2018, eseguire le prime registrazioni da neo-deputati nel nostro ingresso alla Camera. Un tempo che effettivamente sembra oggi lontanissimo.

Un incontro rapido, dove, come avviene in una comunità politica strutturata, viene riconosciuta la legittimità della delegazione, formata dal segretario e dalle due capigruppo. Un principio di delega nella trattativa, come è stato e come è accaduto anche in questi giorni, dimostrando da parte di tutti anche un senso di responsabilità e di comprensione per la fase non semplice e delicata. Non è un caso che la parola che più ricorre è fiducia, tanto che un collega, riprendendo la famosa pubblicità degli anni ’90, scherzando ha affermato: “Allora si vota Galbani”. L’indicazione per il comportamento da tenere arriva proprio sul filo del suono della campanella, prima dell’inizio dell’appello di chiamata, e per la prima volta in questa tornata di votazioni si decide di non ritirare la scheda. Si tratta di una novità già adottata ieri dal centrodestra, per far sì che un grande elettore, nel momento della chiama, passi a fianco della presidenza pronunciando la parola astensione, senza prendere la scheda di voto. Questa modalità consente di evitare la possibilità di franchi tiratori nel campo di centrosinistra, e dall’altro per far misurare il centrodestra sul grado di fedeltà dei suoi nel voto, rispetto all’indicazione data. Nulla di nuovo.

Lo scrutinio lo si segue dalla sala pranzo del ristorante interno all Camera, attraverso il circuito chiuso televisivo. Il ristorante, che segue le regole di distanziamento e di accesso come per tutti gli altri pubblici esercizi, a partire dall’ingresso solo esclusivamente con Green pass rafforzato, offre quotidianamente diversi piatti caldi e freddi, con una scelta di una decina di portate con i prezzi – al di là delle leggende metropolitane o della retorica anti casta- molto simili a quelli dei ristoranti esterni: i primi normalmente di aggirano sui dieci euro, i secondi non arrivano mai a venti. Ma, a differenza di altri ristoranti, il servizio in questi giorni è svolto da camerieri che durante questi giorni indossano una divisa nuova, adatta all’occasione: un completo quasi nuziale, con giacca bianca e papillon, a volere confermare la situazione speciale e non ripetibile, che infatti avviene solo ogni sette anni, quale l’elezione del nostro capo dello Stato.
E come scrivevo all’inizio, ecco il fatto politico della giornata, che evidenzia, semmai ce ne fosse stato il bisogno, di come la candidatura fatta come prova di forza da parte del centrodestra a guida Salvini, con Elisabetta Casellati, si ferma a 382 voti. Sono esattamente 72 voti in meno rispetto al potenziale completo del centrodestra: ciò apre, di fatto, una tensione nello schieramento che avrà, a mio avviso, ripercussioni anche nei giorni a seguire.

È un fatto politico che però segna anche un nuovo rapporto di dialogo e collaborazione, tanto è vero che, dopo l’incontro avvenuto sembra in gran segreto (si narra, svoltosi in uno spazio in via Veneto tra Salvini e Draghi), vi è un momento ufficiale con l’incontro tra Conte Letta e Salvini.
Potrà essere questa riunione il segnale di avvio e -tutti noi lo speriamo- di conclusione ai fini di trovare un nome condiviso, come fin dall’inizio ho sostenuto e auspicato. Tutto questo lo si scoprirà nella giornata di oggi.

Intanto lo scrutinio del sesto voto è iniziato con il centrodestra che si è astenuto, non ritirando quindi la scheda, mentre tutti gli altri grandi elettori delle forze politiche di centro sinistra e del gruppo misto hanno partecipato alla chiama e nonostante l’indicazione di scheda bianca, lo scrutinio, letto dei banchi della presidenza da Fico è una lenta successione di: bianca, bianca, Mattarella, Mattarella, Mattarella, Di Matteo, bianca, Mattarella e così via. Non sono previste sorprese, ma di certo qualche indicazione arriverà anche da questo lento procedere, in una giornata che sembra diventata, oramai, uno spartiacque.

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