Vigilia di scuola tra progetti e speranza

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Questa newsletter arriva in un giorno speciale: oggi 11 settembre ricorre l’anniversario dell’attentato delle Torri Gemelle. Da allora, il mondo è cambiato irrimediabilmente, ed è diventata globale la minaccia del terrorismo, che negli anni successivi avrebbe provato a sfidare tutto l’Occidente e in particolare la nostra Europa. Da quel giorno, il Ground Zero ci ricorda una tragedia, ma anche il coraggio, il valore e la determinazione di coloro che provarono a salvare le vite, o furono così generosi da mettere a repentaglio la propria pur di cambiare l’esito di quella giornata catastrofica.

E se globale è stata (e rimane), la minaccia del terrorismo, possiamo dire altrettanto della minaccia rappresentata dalla recente pandemia, da cui non siamo del tutto usciti, del Coronavirus. Ci troviamo alla vigilia di una settimana importante, quella della ripresa delle scuole di ogni ordine e grado a livello nazionale. Di cosa hanno bisogno i bambini, per tornare a scuola? Soprattutto della nostra serenità. Della fiducia nelle istituzioni, siano esse scuole, governo ed enti locali, che hanno lavorato per garantire un ritorno in sicurezza. Che non corrisponde, intendiamoci, al rischio zero, proprio perché il virus non è ancora stato debellato. Ma nei Paesi in cui le scuole sono ricominciate, i focolai, seppure presenti, sono stati circoscritti e soprattutto limitati nell’ampiezza e nella loro pericolosità. Inoltre, tanto è stato fatto e sarà fatto per avere un ritorno all’educazione e alla formazione per tutti perché, ricordiamolo, si tratta di un diritto fondamentale, di fronte a uno degli effetti di questa pandemia, che ha visto aumentare il divario, non solo digitale, tra i diversi studenti.
Per avere un’idea chiara di quanto è successo, ed è in programma nelle scuole dell’Emilia-Romagna, vi invito a leggere la riflessione del direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Stefano Versari, che ho trovato piena di intelligenza e buon senso.

Ma l’impegno del governo non è stato solo quello di agevolare il rientro a scuola: nel Decreto semplificazioni, dopo il via definitivo della Camera, leggiamo che la Pubblica amministrazione diventerà più snella (con tempi certi di chiusura delle pratiche ed erogazione di servizi); viene data una forte spinta al digitale, attraverso il rafforzamento di CIE e Spid, e l’estensione del domicilio digitale anche ai professionisti senza albo; aumenta la banda ultralarga, si sostiene la mobilità pulita e si riduce il contributo di costruzione per interventi di rigenerazione urbana. Saranno più semplici le procedure per gli scavi e l’installazione di reti in fibra e degli impianti di comunicazione, e vi sarà più certezza negli atti amministrativi, a partire dalla Conferenza dei Servizi che viene snellita nel suo iter. In una parola, si aiuta il Paese a voltare pagina, dopo il Covid: e non è possibile farlo senza accelerare la modernizzazione della Pubblica Amministrazione e senza spingere sul digitale. Il lockdown ha fatto compiere una informatizzazione di massa, come evidenziano tutte le ricerche, e le nostre abitudini di acquisto, di vita e di accesso ai servizi (si pensi al Fascicolo sanitario elettronico) sono cambiate per sempre.

Abbiamo parlato di cultura, di divario digitale, di scuola: ma l’Italia non è solo questo. Per una Senatrice Segre che compie novant’anni, ed è un esempio di vita per tutti noi, ci sono ancora giovani che respirano, al giorno d’oggi, una cultura fascista. Lo ha scritto Chiara Ferragni, in un bel posto che ho trovato condivisibile e coraggioso. I ragazzi che hanno ucciso Willy erano imbevuti di una cultura fatta di violenza, di prevaricazione, di oggettificazione dell’altro. Quindi l’omicidio di un ragazzo bello, altruista, visibilmente non italiano è davvero qualcosa che ci interroga profondamente in questo riavvio di anno scolastico. Davvero dobbiamo avere paura di dire ai nostri figli che difendere un amico, essere leali e onesti, è ancora un modello da seguire? Questa volontà di dominio (che è, per sua natura, fascista e comunque tipica dei regimi totalitari) sta mettendo in discussione le basi della nostra società, perché è diffusa, strisciante e presente come non mai. Il bullismo, che oramai pervade tutte le scuole di ogni ordine e grado, ne è una delle tante espressioni. L’emergenza educativa esiste, e va affrontata: e la lezione di Liliana va ancora ascoltata con la massima attenzione.

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