Verso il congresso del Partito Democratico, una riflessione personale

Newsletter del 6 dicembre 2022

A fine febbraio, esattamente il giorno 19, si svolgeranno le primarie PD. Questo è un dato certo.

Così come è un dato certo, il fatto che, nonostante l’attenzione quasi morbosa di tanti, troppi soggetti esterni, il Partito Democratico risulti essere l’unico partito politico che oggi, attraverso la partecipazione popolare e dei suoi iscritti e grazie a un radicamento territoriale significativo, è in grado di organizzare un congresso: poiché, in modo partecipato e democratico, seleziona la propria classe dirigente. Non mi pare che vi siano altre forze politiche organizzate in questo modo, così come non mi pare che ad esempio accada in altri organismi dirigenti ciò che avviene nel PD, dove per le ultime elezioni ci siamo ritrovati ad approvare le liste da presentare alle elezioni politiche.

Capisco e comprendo benissimo che il congresso sarà il luogo principe del confronto e della discussione, che in questo momento è rilevante e quasi preponderante sul resto; inoltre abbiamo senz’altro bisogno di ridefinire il profilo politico della classe dirigente e di valutare i tanti errori commessi in questi anni. Però, onestamente, mi sembra alquanto irrispettoso non riconoscere questa forza in chi ancora crede nei partiti come qualcosa in più di una mera successione di volti e persone, ma, invece, in base all’articolo 49 della Costituzione, li riconosca come realtà democratiche che concorrono a rendere la nostra una democrazia compiuta. 

Questa è una premessa dal mio punto di vista fondamentale per affrontare al meglio e in modo responsabile questa fase, che sarà sicuramente una competizione tra persone, idee e proposte, ma che deve avere soprattutto e come sempre un unico comune denominatore: il bene della comunità democratica e la sua affermazione alle prossime elezioni.

In questo momento ritengo che la figura più adatta a guidare questa fase sia Stefano Bonaccini: per me sarebbero sufficienti le ragioni personali di conoscenza, amicizia, le capacità e la passione che gli riconosco, ma non mi posso certo fermare qui. E allora ci sono alcune ragioni fondamentali, non di secondaria importanza, su cui desidero portare la vostra attenzione. Io credo nella bontà dell’operazione che ha portato a fare nascere il Pd nel 2007, e nell’individuarlo come un luogo dove le culture si incontrano e si contaminano, con riferimenti valoriali imprescindibili per una moderna forza di centrosinistra: principi che ci contraddistinguono dalle altre forze politiche, come la lotta alle disuguaglianze, la tutela dell’ambiente, la rilevanza dei beni comuni come sanità e scuola (sono temi questi che in questi anni sono stati declinati in buone pratiche nel governo regionale e dai tanti bravissimi sindaci che lavorano pancia a terra sul territorio). 

Inoltre desidero contestualizzare la nascita di questo partito all’interno della vocazione maggioritaria che da sempre ha avuto, poiché non può esistere un centrosinistra senza PD, e con la sua ambizione di una rappresentanza ampia della società, che è spesso una società dinamica e laboriosa. Inoltre ho da decenni oramai una profonda conoscenza del partito e delle sue dinamiche, e pertanto condivido la necessità di un processo rigenerativo della sua classe dirigente, a partire dal territorio, in cui vi sia la capacità di tenere insieme anche aree culturali diverse ma, utili alla crescita di tutti, in un dibattito interno che debba stavolta far prevalere le idee sulle singole persone candidate.

Per questo la candidatura di Stefano rappresenta, per ciò che mi riguarda, una grandissima opportunità di rilancio verso una positiva realtà per il nostro variegato, a volte perfino slabbrato, partito. Un modello emiliano di partito e di società, quello che Stefano è in grado di proporre e che non è mai oppositivo ma è sempre costruttivo, che sa tenere insieme lo sviluppo e la crescita, e che è in grado di dialogare con molteplici realtà senza essere mai divisivo o polemico. Credo che ci sia bisogno di più valori e di meno conflittualità, ma di fondamentali che possano essere declinati in una buona amministrazione locale e territoriale e in una buona gestione di circoli e di realtà di partito che ne fa una realtà ancora florida e un modello per tutto il Paese, senza avere paura di essere chi siamo davvero.

Credo che dal 2007 in poi, il Partito Democratico abbia bisogno di guardare a quel tanto di buono che esiste in Italia e sui territori, e di sapere affrontare con il giusto orgoglio questi anni di opposizione al governo: riuscendo a ricostruire, con una identità che non rinnega il passato ma valorizza le tante cose valide fatte, ma che è capace di offrire soluzioni nuove ai problemi che affliggono questo presente, avvicinando le persone, gli iscritti e i militanti, senza dividerli e senza ideologismi. 

Per questo, a partire da questi giorni, mi vedrete impegnato in questo lavoro a fianco di Stefano, e spero di potere contare sul vostro aiuto e sul vostro supporto per le tante sfide che ci attenderanno da qui al 19 febbraio.

Scrivetemi a info@andrearossipd.it

Alla prossima newsletter.

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Interessante lettura su Il Foglio “Un paese da 10,9 e lode. La rivincita del modello italiano” di Marco Fortis.

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