Informativa del Ministro della salute alla Camera

Vaccini: in primavera-estate gratis a tutti gli italiani

Pubblico il resoconto stenografico delle «Comunicazioni del Ministro della salute sulle ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza da Covid-19». Un documento importante per i prossimi mesi che traccia il piano strategico sui vaccini Covid.

“SPERANZA, ministro della salute. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è trascorso meno di un mese da quando, il 6 novembre, con la mia ultima informativa ho riferito al Parlamento sull’evoluzione della pandemia in Italia e sulla prima ordinanza da me firmata il 4 novembre in attuazione del DPCM del 3 novembre.
Adesso, con il rispetto che si deve al lavoro del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, seguirò attentamente le osservazioni, le proposte e gli indirizzi che verranno formulati nel corso di questo dibattito parlamentare da tutte le forze politiche, ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020.
La seduta odierna assume un’ulteriore rilevanza perché nella seconda parte del mio intervento intendo illustrare le linee guida del nostro piano strategico sui vaccini COVID, elaborato dal Ministero della salute, dal Commissario straordinario per l’emergenza, dall’Istituto superiore di sanità, dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) e dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
Nei principali Paesi europei un passaggio parlamentare come questo non è ancora avvenuto. Io penso che sia fondamentale il pieno coinvolgimento del Parlamento su una sfida così strategica per il futuro del Paese.
Ma partiamo dal prossimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e naturalmente dal quadro epidemiologico da cui esso deriva. Prima di soffermarmi sugli effetti che hanno avuto le ordinanze firmate in queste quattro settimane, mi preme ricordare che il Governo, già prima del DPCM del 3 novembre, dinanzi all’aumento del numero dei contagi e dell’indice RT, aveva assunto misure più stringenti per contrastare una diffusione incontrollata dell’epidemia. Le mie ordinanze sono state adottate, come prescritto dalla norma, sulla base della classificazione delle Regioni, effettuata con cadenza settimanale dalla cabina di monitoraggio, sentiti i Presidenti di Regione e il nostro comitato tecnico-scientifico.
Sono scelte dettate da valutazioni scientifiche, ispirate come sempre al principio di precauzione, e dalla nostra ferma volontà di tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, come indica la nostra Costituzione. Sono scelte che, come dimostrano gli ultimi dati, hanno aiutato le Regioni prima a rallentare l’espansione del contagio e poi a ridurre, anche in valore assoluto, il numero quotidiano dei nuovi casi.
Il Governo, attraverso le mie ordinanze, si è assunto la responsabilità di scelte difficili quanto necessarie. Ogni ordinanza restrittiva comporta sacrifici di cui siamo ben consapevoli, ma senza queste scelte sarebbe impossibile mettere la curva sotto controllo. La pressione sulle strutture ospedaliere diverrebbe insostenibile: non reggerebbero i nostri medici, gli infermieri e tutti i professionisti sanitari, cui va sempre la nostra più convinta gratitudine per il lavoro incessante che stanno svolgendo. (Applausi).
I dati dell’ultima rilevazione della cabina di monitoraggio e, in modo particolare, il lavoro incessante dell’Istituto superiore di sanità ci forniscono indicazioni certamente molto utili per orientare le nostre prossime scelte. Dall’analisi dei dati, considerati soprattutto nel loro quadro evolutivo, emerge che l’insieme delle misure che abbiamo adottato inizia a dare i primi incoraggianti risultati: diminuisce l’incremento quotidiano dei contagi e tutto lascia prevedere che la prossima rilevazione del monitoraggio dovrebbe confermare la tendenza in discesa dell’indice RT, che è passato in quattro settimane da 1,7 a 1,4, a 1,2, a 1,08. Sono fiducioso che a breve l’indice possa scendere sotto l’1 e questo, come è noto, è un elemento essenziale per riportare il contagio sotto controllo.
La situazione è molto seria in tutto il Paese e nessuna sottovalutazione può essere ammissibile, però mi sembra giusto sottolineare dinanzi al Parlamento quella che è una verità ormai evidente: le misure che abbiamo messo in campo come Governo e come Regioni stanno funzionando e le valutazioni dei nostri scienziati si stanno rilevando fondate.
A marzo fu l’Italia, con coraggio e determinazione, ad indicare agli altri Paesi occidentali la strada del lockdown per fermare la pandemia; adesso, nella seconda ondata, stiamo sperimentando una strada diversa. L’obiettivo del Governo è piegare la curva senza un lockdown generalizzato, che invece altri Paesi sono stati costretti a scegliere. L’esperienza di queste settimane ci dice che la nostra scelta di adottare un modello per classificare le Regioni in base allo scenario e al livello di rischio e di modulare proporzionalmente le misure da adottare appare in grado di appiattire la curva del contagio, senza ricorrere nuovamente a un lockdown totale in tutto il Paese, con i costi sociali ed economici che esso comporterebbe.
È un risultato non scontato, sul quale non mi soffermo oltre, perché oggi mi preme parlare innanzitutto di quel che dobbiamo fare domani e nelle prossime settimane, più che rivendicare i primi passi avanti fatti. Io credo che sia indispensabile avere gli occhi bene aperti. Guardare i progressi che stiamo compiendo grazie alle misure adottate non può significare non vedere, con altrettanta nitidezza, le grandi difficoltà che permangono.
I dati evidenziati dall’ultima rilevazione della cabina di monitoraggio sono molto chiari: guai a non leggerli tutti con la stessa attenzione. Siamo in presenza di una sostenuta circolazione del virus, che rende molto difficile il contact tracing e può alimentare nuovi consistenti focolai e siamo in presenza di una forte pressione sugli ospedali, sulle terapie intensive e sull’area medica. Per la stabilizzazione dei primi risultati positivi di cui ho parlato, c’è bisogno di altre settimane di sacrifici e poi di una robusta cura di mantenimento. Lo dico con tutta la forza che ho dentro: attenzione a non scambiare un primo raggio di sole con lo scampato pericolo, l’onda resta ancora molto alta e la nostra navigazione continuerà ad essere difficile ed esposta a mille imprevisti, lo dico con la chiarezza e la forza che deve avere in questi passaggi il Ministro della salute. Non facciamoci illusioni: se abbassiamo la guardia, la terza ondata è dietro l’angolo. Ripeto ancora una volta un’espressione che ho usato mille volte in questi mesi: non dobbiamo perdere la memoria, conosciamo ormai il virus, sappiamo i danni che fa e la facilità con cui se ne può perdere il controllo. In troppi, nei mesi susseguenti al lockdown, hanno frettolosamente teorizzato che il virus avesse perso forza, che il rischio di una seconda ondata era sostanzialmente inesistente, che si poteva fare a meno dell’obbligo di rispettare le regole, a partire dall’utilizzo delle mascherine. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Si è pericolosamente abbassata la soglia di attenzione e il rispetto delle tre regole fondamentali di prevenzione (mascherine, distanziamento, igiene delle mani) e si è determinato un clima da liberi tutti sbagliato e ingiustificabile. Ricordo questi fatti con preoccupazione, senza voler alimentare polemiche che non servirebbero a nulla, unicamente per rinnovare un monito ed un allarme che ho ripetuto più volte anche dopo il lockdown e prima dei mesi estivi. Voglio ricordare alcuni numeri che dobbiamo avere sempre ben impressi, perché non si ripetano nelle festività natalizie le stesse leggerezze viste in estate. Il 20 marzo, nella giornata più drammatica della prima ondata, abbiamo registrato 6.237 casi, dopo il lockdown a luglio la media giornaliera era scesa a 237 casi al giorno, ad agosto eravamo a 778, a settembre la media è salita a 1.608, con una punta massima di 2.588 casi. Nel mese di settembre – questo è il punto – il virus ha iniziato a rompere gli argini, a tracimare, uscendo dai confini dentro i quali eravamo riusciti a tenerlo. Ammesso che qualcuno coltivi ancora dubbi sulla forza e sulla velocità di propagazione del Covid, voglio ricordare brevemente ancora qualche altro dato. Nella settimana che va dal 28 settembre al 4 ottobre abbiamo avuto 14.587 casi, in quella successiva 28.196, poi 52.960, poi 100.446, poi 183.243, poco meno di un raddoppio settimanale. Nella settimana che va dal 2 all’8 novembre, è iniziato leggermente a diminuire l’incremento, con 200.829 casi, che sono divenuti poi 211.850 in quella successiva. Nell’ultima rilevazione della cabina di monitoraggio c’è la prima riduzione in valore assoluto del numero dei contagi, che sia assesta a 193.309, con una media di 27.615 al giorno ed un indice Rt, come dicevo, pari a 1,08. Dal rilevamento di fine settembre-inizio ottobre alla settimana scorsa, il tasso medio di occupazione dei posti letto in area medica è passato dal 7 per cento a circa il 50 per cento e quello delle terapie intensive dal 4 per cento al 38 per cento. Questi numeri non credo abbiano bisogno di particolari commenti. A settembre, dopo il lockdown, eravamo mediamente a 1.608 casi al giorno, adesso abbiamo dati certamente in diminuzione, ma siamo ancora ieri sera a 19.350 nuovi contagi, il picco più alto delle ultime settimane era stato sopra i 40.000 casi.
È del tutto evidente che con tale circolazione del virus, se abbassiamo la guardia, andiamo incontro a un esito segnato.
Abbiamo un’incidenza di 320 casi circa ogni 100.000 abitanti. Dobbiamo arrivare a 50 casi ogni 100.000 abitanti. Per questa ragione le prossime festività vanno affrontate con estrema serietà, se non vogliamo nuove pesanti chiusure tra gennaio e febbraio. Ripeto ancora una volta un concetto per me basilare: senza consistenti limitazioni dei movimenti, un cambio sostanziale delle nostre abitudini e un rigoroso rispetto delle regole di sicurezza, la convivenza con il virus fino al vaccino è destinata al fallimento. Questa è la verità che è dinanzi a noi. In società fortemente sviluppate come la nostra, senza ridurre gli spostamenti e le occasioni di contagio, la convivenza con il virus è difficilmente realizzabile. Per questo con il prossimo DPCM dobbiamo continuare con misure chiare e rigorose, anche per non vanificare il lavoro fatto nelle ultime settimane.
Gli orientamenti del Governo possono essere riassunti in due scelte di fondo. Quanto alla prima, si tratta di riconfermare il modello della classificazione delle Regioni per scenario e indice di rischio. Il sistema delle tre zone (rossa, arancione e gialla) ha dato risultati che riteniamo soddisfacenti. I tecnici del Ministero, assieme a quelli dell’Istituto superiore di sanità e delle Regioni, si stanno confrontando sui parametri, ma l’impianto di fondo è corretto e sta funzionando. È uno strumento efficace che ci consente di agire rapidamente e in modo proporzionale al variare delle condizioni epidemiologiche. Oggi, in un contesto di primo miglioramento, le Regioni tendono verso il giallo, ma qualora il quadro dovesse peggiorare abbiamo già vigente uno strumento automatico che può subito riattivare misure più restrittive.
Passo alla seconda scelta. Per affrontare adeguatamente le festività natalizie e quelle di fine anno le limitazioni previste dovranno essere rafforzate, anche nel quadro di un coordinamento europeo che il nostro Paese ha promosso nelle ultime settimane. Tale coordinamento è sempre utile – questo è il mio punto di vista – ma diventa indispensabile se si pensa ad attività che si svolgono sui confini naturali tra Stati diversi. In questo contesto appare necessario limitare il più possibile i contatti non indispensabili tra le persone.
L’orientamento del Governo – e su questo ascolterò con attenzione gli indirizzi delle Camere – è che durante le feste natalizie vanno disincentivati gli spostamenti internazionali e limitati gli spostamenti tra le Regioni, come già oggi avviene in presenza di zone rosse e arancioni. Inoltre, nei più importanti giorni di festa – il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio – vanno limitati anche gli spostamenti tra i Comuni.
Bisognerà poi evitare potenziali assembramenti nei luoghi di attrazione turistica legati in modo particolare alle attività sciistiche. È opportuno, più in generale, ridurre i rischi di diffusione del contagio connessi ai momenti di aggregazione durante le festività del Natale e del Capodanno. Si tratta di misure indispensabili se non vogliamo vanificare i primi segnali di miglioramento. Non sarà un Natale come gli altri, ma serve davvero il contributo di tutti per ridurre il numero dei contagi e quello, purtroppo molto alto, dei decessi, nonché per alleggerire la pressione sulle nostre strutture sanitarie.
Abbiamo scelto consapevolmente di mantenere le lezioni in presenza nella scuola primaria e nella prima media anche nelle zone rosse. È una scelta che rivendichiamo e che si connette con la centralità che le attività scolastiche assumono nella vita delle nostre comunità. Con l’uscita di molte Regioni dalle zone rosse è già in corso anche una ripresa delle lezioni in presenza per le classi di seconda e terza media. Compatibilmente con l’evoluzione del quadro epidemiologico, è obiettivo del Governo riportare gradualmente in presenza anche gli studenti delle scuole superiori.
Vengo ora alla seconda parte del mio intervento, relativa al piano strategico dei vaccini Covid. Intendo, in via preliminare, svolgere due considerazioni che ritengo molto importanti e decisive. Innanzitutto, dopo le parole crude che ho utilizzato per sottolineare i tanti rischi che sono ancora dinanzi a noi, mi preme evidenziare con la stessa nettezza un chiaro messaggio di speranza. Dopo mesi difficilissimi e giornate che non dimenticheremo mai, il messaggio di fondo che voglio rivolgere al Parlamento e, attraverso di voi, a tutti gli italiani, è un messaggio di ragionata fiducia. Cari colleghi, dentro la tempesta che ancora stiamo vivendo, finalmente vediamo un approdo, abbiamo una rotta chiara verso un porto sicuro. Adesso è possibile perché appare probabile che, a partire da gennaio, avremo i primi vaccini e poi, progressivamente, saremo in grado di vaccinare un numero sempre più alto di italiani.
È la svolta che auspichiamo e alla quale lavoriamo da mesi; siamo stati i primi in Europa, assieme a Germania, Francia e Olanda, a costruire l’alleanza per i vaccini nel mese di maggio e a porre il tema di un impegno comunitario perché si investisse sulla ricerca e su tutte le sperimentazioni. Ora, finalmente, vediamo i primi risultati. Serve ancora prudenza e serve ancora cautela. La verità è che al momento, mentre vi parlo, nessun vaccino è stato approvato né dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), né dall’agenzia statunitense Food and drug administration (FDA). I segnali che arrivano però dagli studi effettuati sono incoraggianti e ci hanno portato ad accelerare la definizione del piano strategico che individua le linee essenziali di visione ed azione che intendiamo adottare.
Dal piano strategico che illustro oggi in Parlamento deriverà poi un piano esecutivo che sarà adeguato permanentemente sulla base dei processi autorizzativi delle agenzie regolatorie e della conseguente, effettiva disponibilità dei vaccini. Ho sempre pensato che la scienza ci avrebbe portato fuori da questa crisi. Ancora è presto e – lo ribadisco – serve cautela, ma si vede finalmente la luce in fondo al tunnel. Al momento non è intenzione del Governo disporre l’obbligatorietà della vaccinazione. Nel corso della campagna valuteremo il tasso di adesione dei cittadini. Il nostro obiettivo è senza dubbio raggiungere al più presto l’immunità di gregge.
Oggi più che mai serve il contributo di tutti, con comportamenti responsabili per affrontare questa fase di transizione e di resistenza. Sono sacrifici con una scadenza temporale definita, che ci porteranno finalmente a chiudere questa pagina difficile della storia del nostro Paese, dell’Europa e dell’intera umanità. Dobbiamo compiere ogni sforzo per non far coincidere la campagna di vaccinazione con una nuova fase di grave diffusione del Covid. La campagna di vaccinazione sarà imponente e richiederà uno sforzo senza precedenti. Dobbiamo evitare di arrivarci con i nostri presidi sanitari in difficoltà e con il personale totalmente impegnato nella lotta contro il Covid.
La seconda considerazione che voglio svolgere è relativa al clima politico con il quale affronteremo la stagione di vaccinazione Covid. La piena riuscita della campagna di vaccinazione deve rappresentare un obiettivo fondamentale di tutto il Paese. Non ci può essere su questo tema alcuna divisione tra noi, non possiamo permettercelo; su questo tema e su questa sfida serve un grande patto Paese con tutti dentro, nessuno escluso, non c’è maggioranza ed opposizione, ma gli italiani e il loro fondamentale diritto alla salute come precondizione indispensabile per una solida ripresa economica.
È partendo da queste considerazioni di carattere generale che voglio, entrando nel dettaglio, illustrare al Parlamento le linee fondamentali del piano strategico dell’Italia per la vaccinazione anti SARS-CoV-2 (Covid-19).
Il primo asse è tanto semplice quanto importante: l’acquisto del vaccino è centralizzato e verrà somministrato gratuitamente a tutti gli italiani. Lo ripeto: centralizzato e somministrato gratuitamente a tutti gli italiani. (Applausi). Il vaccino è un bene comune, un diritto che va assicurato a tutte le persone, alle donne e agli uomini, indipendentemente dal reddito e dal territorio nel quale ciascuno vive o lavora; nessuna diseguaglianza sarà ammissibile nella campagna di vaccinazione.
Il secondo asse è altrettanto importante e rende concreto il principio precedentemente annunciato. L’Italia ha opzionato 202.573.000 dosi di vaccino, che rappresenterebbero una dotazione sufficientemente ampia per poter potenzialmente vaccinare tutta la popolazione e conservare delle scorte di sicurezza. Con le conoscenze oggi a nostra disposizione è molto probabile che saranno necessarie due dosi per ciascuna vaccinazione, a breve distanza temporale. Va inoltre ricordato che non vi è ancora evidenza scientifica sui tempi esatti di durata dell’immunità prodotta dal vaccino. La scelta compiuta anche in questo caso è ispirata al principio di massima precauzione. Abbiamo sottoscritto, infatti, in quota parte, per la parte che riguarda l’Italia, pari al 13,46 per cento, tutti i contratti che l’Unione europea ha formalizzato. Non vogliamo correre neanche il più piccolo rischio di non poter disporre di un vaccino autorizzato prima di altri o che dovesse risultare più efficace, in conseguenza della scelta di non partecipare ad una delle acquisizioni stipulate dall’Unione europea. Non abbiamo mai esercitato il diritto di opting-out che era previsto dagli accordi europei.
Vorrei ancora ricordare che questo meccanismo europeo di acquisto dei vaccini è stato promosso e favorito da un’iniziativa dell’Italia. Infatti, dalla prima intesa per la fornitura dei vaccini siglata il 13 giugno tra Italia, Germania, Francia e Olanda è poi scaturita la decisione dell’Unione europea di centralizzare a Bruxelles la negoziazione e la stipula di tutti i contratti. Non sono dunque i singoli Stati a trattare con le case farmaceutiche, ma è la Commissione a negoziare per conto di tutti i Paesi europei. La Commissione europea e gli Stati membri hanno infatti sottoscritto un accordo in base al quale i negoziati con le aziende produttrici sono stati affidati in esclusiva alla stessa Commissione, affiancata da un gruppo di sette negoziatori in rappresentanza degli Stati membri (tra i sette è rappresentata l’Italia) e da uno steering board, che assume le decisioni finali, ove siedono rappresentanti di tutti gli Stati membri. Le trattative avviate si sono concentrate su un gruppo di aziende che stanno sviluppando vaccini con diversa tecnologia. Queste dosi saranno distribuite agli Stati membri – come dicevo – in proporzione alle rispettive popolazioni a partire dal primo trimestre del 2021 e con una più significativa distribuzione delle dosi nel secondo e nel terzo trimestre, per completarsi sostanzialmente nel quarto trimestre del prossimo anno. Se tutti i processi autorizzativi andassero a buon fine – cosa su cui non possiamo, per le ragioni che prima dicevo, ancora avere certezza assoluta – l’Italia potrebbe contare sulla disponibilità delle seguenti dosi: per il contratto con AstraZeneca 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Johnson & Johnson 26,92 milioni di dosi, per il contratto con Sanofi 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Pfeizer-BioNTech 26,92 milioni di dosi, per il contratto con CureVac 30,285 milioni di dosi, per il contratto con Moderna 10,768 milioni di dosi. Sono chiaramente numeri ancora subordinati a processi autorizzativi che non sono ancora completati.
Il terzo asse riguarda il tempo relativo all’autorizzazione dei vaccini che abbiamo acquistato.
A tal proposito, voglio innanzitutto sottolineare che la corsa contro il tempo che la comunità scientifica sta compiendo cammina di pari passo con la massima sicurezza e il pieno rispetto di tutti i protocolli di garanzia e di controllo. Disporre di vaccini efficaci e sicuri è una priorità che non può essere subordinata o condizionata da qualsiasi altro interesse.
Attorno a questo impegno si determina anche un’importante responsabilità sociale d’impresa. Voglio essere chiaro: la produzione e la distribuzione del vaccino non può essere regolata unicamente dalle leggi del mercato. Su questo ho trovato molto efficace il parere inviatomi dal professor Lorenzo D’Avack, presidente del Comitato nazionale per la bioetica, che voglio ringraziare per la disponibilità e per il prezioso contributo dato. Si legge in quel parere che l’emergenza non deve portare a ridurre i tempi o addirittura ad omettere le fasi della sperimentazione, definite dalla comunità scientifica internazionale, requisiti indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico per garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia di un farmaco.
L’Europa ha scelto questa strada, non abbreviando le fasi di studio e sperimentazione dei candidati vaccini e continuando a subordinare la messa in commercio al parere definitivo e vincolante dell’EMA. L’accelerazione dei tempi è stata realizzata facendo procedere in parallelo le diverse fasi di sperimentazione, produzione ed autorizzazione. Infatti, parallelamente agli studi preclinici e clinici di fase uno, due e tre, si è avviata la preparazione della produzione su scala industriale ai fini della distribuzione commerciale. Contestualmente, l’Agenzia europea per i medicinali, l’EMA, onde contribuire all’accelerazione del processo, senza venir meno al proprio fondamentale ruolo, sta procedendo con una procedura finalizzata definita di rolling review, che consiste nel valutare le singole parti del dossier mano a mano che vengono presentati dalle aziende, anziché attendere l’invio di un dossier completo. Tale procedura, senza inficiare la valutazione complessiva, abbrevia significativamente i tempi e può creare le condizioni perché si arrivi a concedere una prima autorizzazione all’immissione in commercio già entro l’anno.
Ad oggi sono state indicate due date da EMA, che potrebbe esprimersi il 29 dicembre sul vaccino Pfizer-Biontech e il 12 gennaio sul vaccino Moderna. Queste due aziende nel primo trimestre dell’anno prossimo da contratto dovrebbero fornirci rispettivamente 8,749 milioni di dosi Pfizer-Biontech e 1.346.000 di dosi Moderna. Mentre vi parlo non ci sono altre date fissate da EMA.
Voglio ricordare che i contratti sottoscritti dalla Commissione europea, da cui discendono le distribuzioni al nostro Paese, vanno sempre considerati come best scenario e sono ovviamente subordinati ai processi autorizzativi che – ribadisco – non hanno ancora certezza assoluta. Noi dobbiamo essere pronti allo scenario migliore e poi adattarci se le scadenze dovessero cambiare a causa del dilungarsi dei processi di autorizzazione delle agenzie regolatorie. Il cuore della campagna vaccinale, secondo i dati di cui disponiamo e secondo le nostre previsioni, sarà comunque l’arco di tempo tra la prossima primavera e l’estate.
Il quarto asse è relativo alle scelte delle prime categorie che dovremo decidere di vaccinare, a partire da quando arriveranno in Italia le prime dosi di vaccino.
Si tratta di una scelta non facile; dobbiamo farla in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee e informando puntualmente i cittadini.
Attualmente, l’Italia, come è noto, si trova nella fase di trasmissione sostenuta in comunità. In tale situazione epidemiologica, la strategia di sanità pubblica dovrà focalizzarsi inizialmente sulla diluizione diretta della morbilità e della mortalità nonché sul mantenimento dei servizi essenziali più critici.
Al fine di sfruttare l’effetto protettivo diretto dei vaccini, sono state identificate le seguenti categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali.
Prima categoria: gli operatori sanitari e socio-sanitari. Lavorando e operando in prima linea, essi hanno un rischio più elevato di essere esposti all’infezione da Covid-19 e di trasmetterla a pazienti suscettibili e vulnerabili in contesti sanitari e sociali. Difendere questi professionisti in prima linea aiuterà a mantenere la resilienza del Servizio sanitario nazionale.
Seconda categoria: residenti e personale dei presidi residenziali per anziani. Un’elevata percentuale di residenze sanitarie assistenziali è stata gravemente colpita dal Covid-19; i residenti di tali strutture sono ad alto rischio di malattia grave a causa dell’età avanzata, la presenza di molteplici comorbilità e la necessità di assistenza per alimentarsi e per altre attività quotidiane. Pertanto, sia la popolazione istituzionalizzata sia il personale dei presidi residenziali per anziani devono essere considerati ad elevata priorità per la vaccinazione.
Terza categoria: persone in età avanzata. Un programma vaccinale basato sull’età è generalmente più facile da attuare e consente di ottenere una maggiore copertura vaccinale. È anche evidente che un programma basato sull’età aumenti la copertura anche nelle persone con fattori di rischio, visto che la prevalenza di comorbilità aumenta con l’età. Questo gruppo di popolazione rappresenta, quindi, un’altra priorità assoluta per la vaccinazione.
Ecco alcuni numeri delle categorie sopra indicate, costruiti nel confronto con le Regioni, con Istat e con i database del Ministero della salute.
Operatori e lavoratori sanitari e socio-sanitari: 1.404.037 persone; personale ed ospiti dei presidi residenziali per anziani 570.287 persone; anziani over ottant’anni 4.442.048; ancora, persone dai sessanta ai settantanove anni 13.432.005; popolazione con almeno una comorbilità cronica: 7.403.578. Alcune di queste categorie naturalmente saranno le prime a ricevere il vaccino. Naturalmente, con l’aumento delle dosi si inizieranno a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di popolazione, tra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali quali anzitutto gli insegnanti e il personale scolastico, le Forze dell’ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità.
Nel caso in cui, poi, si sviluppassero focolai epidemici rilevanti in specifiche aree del Paese, saranno destinate eventuali scorte di vaccino a strategie vaccinali di tipo reattivo rispetto a quel territorio in difficoltà.
Il quinto asse è relativo a logistica, approvvigionamento, stoccaggio e trasporto, che saranno di competenza del commissario straordinario. Nella definizione dei piani di fattibilità e delle forniture di tutte le attrezzature, strumenti e materiali necessari, sono stati considerati diversi aspetti, tra cui la catena del freddo estrema per la conservazione di alcuni vaccini o la catena del freddo standard, il confezionamento dei vaccini multidose e la necessità di diluizione.
Per i vaccini che necessitano di catena del freddo standard, compresa tra i due e gli otto gradi, si adotterà un modello di distribuzione hub and spoke, con un sito nazionale di stoccaggio e una serie di siti territoriali di secondo livello.
Per quanto riguarda invece i vaccini che necessitano di catena del freddo estrema, questi verranno consegnati direttamente dall’azienda produttrice presso 300 punti vaccinali, che sono già stati condivisi con le Regioni e le Province autonome.
Il confezionamento dei vaccini multidose richiede l’acquisto di un adeguato numero di siringhe, aghi e diluente, che è assicurato sia tramite joint procurement europeo, sia attraverso richiesta di offerta pubblica, già emessa dagli uffici del Commissario per l’emergenza. Il Commissario straordinario assicurerà anche il materiale ritenuto essenziale per lo svolgimento delle sedute vaccinali, a partire dai dispositivi di protezione.
La distribuzione dei vaccini, in particolare di quelli relativi alla catena del freddo standard, avverrà con il coinvolgimento delle Forze armate, che in accordo con il Commissario straordinario stanno già pianificando vettori, modalità e logistica. Voglio a tal proposito ringraziare il ministro Lorenzo Guerini per la preziosa collaborazione. (Applausi).
Il sesto asse riguarda la governance del piano di vaccinazione, che verrà assicurata costantemente dal coordinamento tra il Ministero della salute, la struttura del Commissario straordinario, le Regioni e le Province autonome.
Nella fase iniziale della campagna vaccinale si prevede una gestione centralizzata della vaccinazione, con l’identificazione di siti ospedalieri o peri-ospedalieri e l’impiego di unità mobili destinate alla vaccinazione delle persone impossibilitate a raggiungere i punti di vaccinazione. Il personale delle unità vaccinali sarà costituito da un numero flessibile di medici, infermieri, assistenti sanitari, operatori socio-sanitari (OSS) e personale amministrativo di supporto. Si stima al momento un fabbisogno massimo di circa 20.000 persone. A tal riguardo si prevede di agire, da un lato ricorrendo ad un cospicuo e temporaneo ricorso alle professionalità esistenti nel Paese, anche attraverso la pubblicazione di un invito a manifestare la disponibilità a contribuire alla campagna di vaccinazione, con l’attivazione di conseguenti modalità contrattuali definite ad hoc, nonché alla stipula di accordi con il Ministero dell’università e della ricerca, nell’ambito dei percorsi formativi delle scuole di specializzazione medica. È quest’ultima una scelta qualificante, per la quale mi corre l’obbligo di ringraziare il Ministro dell’università e della ricerca, Manfredi. (Applausi). Migliaia di giovani laureati in medicina, iscritti ai primi anni delle scuole di specializzazione, per un lasso di tempo che stiamo definendo, parteciperanno alla campagna vaccinale, che rappresenterà una parte del loro percorso formativo.
Sul piano organizzativo, a livello nazionale saranno definite le procedure, gli standard operativi e il layout degli spazi per l’accettazione, la somministrazione e la sorveglianza degli eventuali effetti a breve termine. A livello territoriale verranno stabilite la localizzazione fisica dei siti, il coordinamento operativo degli addetti, nonché il controllo sull’esecuzione delle attività. A livello regionale e a livello locale saranno pertanto identificati i referenti, che risponderanno direttamente alla struttura di coordinamento nazionale e si interfacceranno con gli attori del territorio, a partire dai Dipartimenti di prevenzione, per garantire l’implementazione del piano regionale di vaccinazione e il suo accordo con il piano nazionale di vaccinazione.
Con l’aumentare della disponibilità dei vaccini, a livello territoriale potranno essere realizzate campagne su larga scala, walk-in per la popolazione, presso centri vaccinali organizzati ad hoc e, in fase avanzata, accanto all’utilizzo delle unità mobili, il modello organizzativo vedrà via via una maggiore articolazione sul territorio, seguendo sempre di più la normale filiera tradizionale, incluso il coinvolgimento degli ambulatori vaccinali territoriali, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, della sanità militare e dei medici competenti delle aziende.
Il settimo asse è costituito da un moderno sistema informativo, per gestire in modo efficace, integrato, sicuro e trasparente la campagna di vaccinazione. Per la realizzazione delle attività del piano si sta predisponendo un sistema informativo efficiente ed interfacciabile con i diversi sistemi regionali e nazionali, per poter ottimizzare tutti i processi organizzativi e gestionali, a partire dalle forniture, fino alla programmazione e gestione delle sedute vaccinali.
Inoltre, dovranno essere garantite funzionalità omogenee su tutto il territorio nazionale, in particolare relativamente al sistema di chiamata attiva, prenotazione, alla registrazione e certificazione della vaccinazione, al sistema di recall e al calcolo puntuale in realtime delle coperture vaccinali e all’integrazione con i sistemi regionali e nazionali di vaccino vigilanza e sorveglianza epidemiologica.
L’ottavo asse, e mi avvio alle conclusioni, è un’efficace farmacosorveglianza e una sorveglianza immunologica per assicurare il massimo livello di sicurezza nel corso della campagna di vaccinazione. L’obiettivo fondamentale è quello di predisporre una sorveglianza aggiuntiva sulla sicurezza dei vaccini stessi, monitorando gli eventuali eventi avversi ai nuovi vaccini Covid nel contesto del loro utilizzo reale, identificare e caratterizzare prontamente eventuali nuovi rischi ancora non emersi ed individuare eventuali problematiche relative alla qualità.
Le attività di sorveglianza saranno pianificate accuratamente in termini sia di raccolta e valutazione delle segnalazioni spontanee di sospetta reazione avversa – farmacovigilanza passiva – che di azioni proattive attraverso studi e progetti di farmacovigilanza attiva e farmacoepidemiologia.
L’AIFA, in aggiunta alle attività di farmacovigilanza che sono normalmente previste per farmaci e vaccini, promuoverà l’avvio di alcuni studi indipendenti post autorizzativi sui vaccini Covid. L’AIFA si doterà inoltre di un comitato scientifico che, per tutto il periodo della campagna vaccinale, avrà la funzione di supportare l’Agenzia e i responsabili scientifici dei singoli studi nella fase di impostazione delle attività, nell’analisi complessiva dei dati che saranno raccolti e nell’individuazione di possibili interventi. Assieme alla vaccinovigilanza sarà molto importante la sorveglianza immunologica, che consentirà di valutare la risposta immunitaria indotta dal vaccino ai diversi gruppi di popolazione.
Cari colleghi, spero sia risultata evidente, dalle informazioni che vi ho fornito, la portata e la complessità della campagna di vaccinazione che stiamo organizzando. Si tratta, da tutti i punti di vista, di uno sforzo senza precedenti che richiederà un grandissimo impegno collettivo. Avremo bisogno di coinvolgere puntualmente tutti i nostri concittadini per assicurare trasparenza, serietà e massima sicurezza a tutti. Non possiamo sottovalutare nessun aspetto scientifico, logistico o organizzativo. E sono certo che in un clima positivo ed unitario tutte le istituzioni repubblicane saranno in grado di svolgere un ottimo lavoro.
Dobbiamo operare e lavorare tutti insieme per assicurare il pieno successo della campagna di vaccinazione per sconfiggere definitivamente questo terribile virus e per creare le condizioni sanitarie per far ripartire l’Italia. Siamo un grande Paese, non dobbiamo dimenticarlo mai. Dimostriamo ancora una volta di essere all’altezza delle sfide più difficili.”

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