Non restiamo indifferenti: MANIFESTAZIONE PER FERMARE IL MASSACRO DI CIVILI A GAZA

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Care amiche e cari amici,

ci sono giorni in cui il silenzio pesa più delle parole. In cui la distanza ci sembra insopportabile, l’inerzia insopportabile. Giorni in cui la politica non può più limitarsi a commentare, ma deve scegliere. E soprattutto: deve farsi vedere.

Per questo il 3 giugno, alle 20:45 in Corso Vallisneri a Scandiano, ci ritroveremo insieme per un’iniziativa che non è solo simbolica, ma profondamente politica: una manifestazione pubblica per dire basta al massacro di civili a Gaza, promossa dal Partito Democratico del Distretto Ceramico. Il corteo partirà dal Municipio e si concluderà al Parco della Resistenza, con letture, interventi, e le conclusioni affidate al collega Enzo Amendola, membro della Commissione Esteri della Camera.

È un gesto semplice, ma necessario: camminare insieme. E farlo per ricordare che la vita di ogni essere umano, ovunque, merita rispetto, protezione, dignità.

Perché oggi Gaza non è solo una tragedia geopolitica, è una ferita aperta nella coscienza del mondo. Non ci nascondiamo: Israele ha il diritto di difendersi. Ma nessun diritto può diventare arbitrio. Nessuna autodifesa può degenerare in punizione collettiva. Hamas ha scelto il fanatismo, ha tradito il proprio popolo e seminato terrore. Ma le scelte criminali di un gruppo armato non giustificano l’annientamento della popolazione civile.

Noi chiediamo un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi, il passaggio sicuro degli aiuti umanitari, il riconoscimento dello Stato di Palestina, in un quadro di coesistenza, giustizia e pace. Perché la pace non è un’utopia buonista, ma una condizione imprescindibile per qualsiasi convivenza possibile tra popoli e tra esseri umani.

E in questa parola, giustizia, c’è la chiave che tiene insieme ciò che facciamo nelle piazze e ciò che proviamo a fare nelle istituzioni. Gaza, oggi, ci interroga sul senso della responsabilità internazionale. Ma c’è un’altra giustizia che ogni giorno, qui in Italia, viene messa alla prova: quella che riguarda la libertà dei cittadini, la solidarietà verso chi è fragile, la tutela dei diritti fondamentali.

È con questo spirito che ho affrontato il dibattito parlamentare sul cosiddetto “Decreto Sicurezza”, convertito proprio in questi giorni alla Camera.

Per motivi familiari non ho potuto intervenire in Aula, ma avevo scritto un intervento che nasceva dallo stesso sentire che mi porterà in piazza a Scandiano: la convinzione che la sicurezza non possa mai essere costruita sulla paura, sulla punizione, sull’esclusione.

Questo decreto non parla della sicurezza che serve. Non si occupa di mafie, né di violenza domestica, né di scuole insicure o di lavoro precario. Non parla delle paure vere, quelle che conosciamo tutti: ammalarsi e non potersi curare, perdere il lavoro e restare soli, crescere figli in un Paese dove tutto è più incerto.

No. Questo è un provvedimento che punta il dito contro chi manifesta, che aumenta le pene, che introduce nuove aggravanti penali per chi protesta. Che prevede il carcere per le madri con figli piccoli, come se la marginalità sociale fosse un crimine. Che schederebbe chi partecipa a un sit-in come se fosse una minaccia per la Repubblica.

Non è una legge per proteggere. È una legge per intimorire.

Eppure lo sappiamo: la sicurezza vera non è manganelli e manette. È sapere che lo Stato è al tuo fianco quando ne hai bisogno. È sapere che se tuo figlio si ammala, troverai cure. Che se tua figlia protesta per l’ambiente, sarà ascoltata, non criminalizzata. Che se cadi, non ti lasceranno per terra.

Non si tratta di essere lassisti o indulgenti. Si tratta di non cedere all’idea che ogni fragilità sia una colpa, che ogni dissenso sia un pericolo, che ogni protesta sia eversione. Si tratta di non snaturare la democrazia nel nome dell’ordine.

Quando la politica risponde a tutto con nuove pene, nuove chiusure, nuove strette, significa che ha rinunciato a comprendere la realtà. È la logica della propaganda, quella che costruisce consenso alimentando rancore, anziché sciogliendolo con risposte concrete.

In Aula ho letto norme che sembrano scritte per alzare audience, non per risolvere problemi. Ma la vita delle persone non si governa con la paura. Si governa con giustizia, ascolto, rispetto.

E allora, se oggi ci battiamo contro questo decreto è perché sappiamo bene dove ci può portare: verso uno Stato che non protegge, ma sorveglia. Che non accompagna, ma reprime. Che non ascolta, ma impone.

Per questo continueremo a opporci. Dentro il Parlamento, con gli emendamenti e con il voto. E fuori, con l’ascolto, la mobilitazione, la presenza.

Lo facciamo con la stessa coerenza con cui saremo in piazza il 3 giugno. Gaza e il nostro 

Parlamento non sono la stessa cosa, ma ci pongono la stessa domanda: da che parte stai?

Noi stiamo dalla parte della vita, della dignità, della libertà. In Medio Oriente come nelle nostre città. In piazza come in Aula. Ovunque ci sia bisogno di scegliere da che parte stare.

Un caro saluto,

Andrea Rossi

25 anni di EMA Emilia Ambulanze Casalgrande

Lo sport è una politica pubblica. E va sostenuto.

Anniversario del sisma che scosse l’Emilia nel 2012. Il mio ricordo alla Camera dei deputati.

Dossier deputati PD | n. 163 DL Cittadinanza

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