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Quella appena trascorsa è stata una settimana parlamentare emblematica per comprendere la debolezza strutturale di questo governo, ormai schiacciato tra l’incapacità di affrontare le grandi questioni internazionali e sociali e il bisogno costante di tenere in piedi, con toppe e propaganda, modelli fallimentari come quello dei centri in Albania.
Durante il premier time di mercoledì abbiamo assistito a una presidente del Consiglio in affanno, sfuggente, del tutto incapace di assumersi la responsabilità di una posizione chiara sulla crisi umanitaria in corso a Gaza. Alla richiesta delle opposizioni di dire con nettezza da che parte stia — se con la pace, con il diritto internazionale, con la tutela dei civili — Meloni ha risposto con vaghezze, dimostrando ancora una volta che il tanto sbandierato atlantismo di questo governo si ferma sempre un passo prima del coraggio. Nessuna condanna esplicita, nessuna proposta diplomatica concreta, solo il tentativo di galleggiare su una linea ambigua che non serve né all’Italia né alla comunità internazionale.
Eppure, se c’è un campo dove l’ambiguità si trasforma direttamente in danno per il Paese, è quello delle politiche sociali. Anche sulla sanità pubblica, quando incalzata dalla segretaria Schlein, la Presidente si è rifugiata nella narrazione del passato: “Colpa degli altri, colpa dei governi precedenti”. Ma è un gioco che non regge più. Il personale sanitario è allo stremo, le liste d’attesa crescono, le disuguaglianze territoriali si allargano. E tutto questo accade mentre il governo continua a bruciare risorse in operazioni inutili, come quella dei CPR in Albania.
Proprio in questi giorni, infatti, è arrivato in Aula un nuovo decreto che modifica, stravolge, rattoppa il protocollo con l’Albania approvato appena un anno fa. Un nuovo provvedimento che certifica il fallimento completo di quella che Meloni aveva venduto come un’operazione rivoluzionaria, destinata a fare scuola in Europa. La verità, invece, è che i centri in Albania sono rimasti vuoti, inutilizzati, costosissimi. E ora, con questo decreto, il governo prova a riciclarli come luoghi di trattenimento per migranti già presenti nei CPR italiani. Un andirivieni paradossale e costoso: si portano persone dall’Italia all’Albania per poi, eventualmente, riportarle indietro. Un giro assurdo, pagato con i soldi dei cittadini, sulla pelle di uomini e donne che, spesso, non hanno commesso alcun reato se non quello di essere caduti in una burocrazia ostile o in una temporanea irregolarità.
Mentre nei nostri CPR si continua a morire — l’ultima tragedia pochi giorni fa a Lecce — il governo esporta un modello disumano, già ampiamente condannato dalle associazioni, dalla magistratura e dai garanti dei diritti. Centri chiusi, inaccessibili, dove si usano psicofarmaci come forma di contenzione, dove la privazione della libertà è svincolata da qualunque garanzia giurisdizionale. E ora tutto questo viene delocalizzato in Albania, senza alcuna trasparenza, senza controllo. Il governo ha addirittura posto il segreto di Stato sugli appalti per la costruzione dei centri, impedendo ogni verifica su come vengano spesi centinaia di milioni di euro.
E come se non bastasse, con un emendamento dell’ultima ora, l’Italia regalerà due motovedette alla guardia costiera albanese. Altro che accordo tra pari: questa è una cessione unilaterale di sovranità, un atto che aggrava la subalternità diplomatica dell’Italia e dimostra quanto questo esecutivo sia disposto a tutto pur di difendere una narrazione che non sta più in piedi.
Nel frattempo, Meloni trova anche il tempo di riscrivere l’economia in diretta televisiva: secondo la Presidente, il fatto che lo spread sia sceso sotto i 100 punti base dimostrerebbe che è “più conveniente” comprare il debito italiano rispetto a quello tedesco. Peccato che il ministro dell’economia Giorgetti, seduto affianco a lei, scuotesse la testa imbarazzato. La verità è che, ancora una volta, la propaganda meloniana prende il posto dell’analisi seria, e il risultato sono dichiarazioni sgangherate che fanno sorridere, se non ci fosse da preoccuparsi per la confusione che regna a Palazzo Chigi.
Noi non smetteremo di denunciare tutto questo. Lo faremo in Parlamento, nelle piazze, sui territori. Perché a fronte del cinismo del governo, c’è un’Italia che chiede giustizia, verità, diritti.
Un’Italia che ha bisogno di una sanità pubblica che funzioni, di una politica estera coerente, di politiche migratorie umane ed efficaci. C’è un’alternativa concreta, e noi siamo qui per costruirla, giorno dopo giorno.
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