Sicurezza, giustizia sociale e comunità: la nostra risposta

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In questa pausa che ci porta la Pasqua, rivolgo a tutti voi e alle vostre famiglie i migliori auguri. Intanto, a Reggio Emilia si insedia un presidio fisso di militari dell’Esercito nell’ambito dell’operazione “Stazioni Sicure”.

Negli ultimi giorni si è tornati a parlare molto di sicurezza, anche alla luce di questa misura, che ha suscitato reazioni diverse: per alcuni è risolutiva, per altri solo un palliativo. Ma al di là delle opinioni, è utile guardare ai fatti: qual è la situazione reale? E quali risposte servono davvero?

Il punto di partenza è semplice: la sicurezza è un diritto. Quando cittadini e cittadine chiedono più sicurezza, chiedono anche più protezione sociale, attenzione ai contesti fragili, cura dello spazio pubblico. Più Stato, insomma. E noi, come forze progressiste, siamo dalla parte di chi vuole soluzioni strutturali, non propaganda. Chi predica il pugno di ferro e poi taglia risorse prende in giro i cittadini.

Per questo bisogna evitare semplificazioni. Le stazioni delle grandi città sono da tempo luoghi critici: vi transita ogni giorno un’enorme quantità di persone, spesso in condizioni di marginalità, e un presidio costante può contribuire alla prevenzione. L’operazione “Stazioni Sicure” può offrire un supporto utile sul piano della deterrenza. Ma non basta.

L’Esercito non è addestrato per la sicurezza urbana quotidiana: può affiancare, non sostituire le forze dell’ordine. Il vero tema, infatti, è un altro: la cronica carenza di organico. Mancano oltre 27.000 unità tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. Un vuoto che grava su chi è in servizio e mina il controllo del territorio.

A peggiorare il quadro, stipendi insufficienti e un turn over che rischiava di essere tagliato nella scorsa Legge di Bilancio: una misura che, grazie al Partito Democratico, siamo riusciti a scongiurare. E qui si vede la differenza tra la nostra idea di sicurezza e quella delle destre: noi interveniamo sui numeri, sulle assunzioni, sui diritti. Difendiamo lo Stato quando rischia di svuotarsi. E sappiamo che la sicurezza non è solo ordine pubblico, ma anche giustizia sociale, lavoro, scuola, coesione. Senza questi pilastri, ogni telecamera è una toppa, ogni divisa è lasciata sola.

In Emilia-Romagna, la progettualità “Città sicure” ha fatto scuola a livello nazionale: qui nessuno ha paura di parlare di sicurezza, perché è vissuta come un diritto e un’opportunità per migliorare i luoghi.

È un fatto che, insieme all’aumento della ricchezza, sia cresciuto anche il divario sociale. Per questo il bisogno di sicurezza è forte tra anziani e persone fragili, spesso sole e in difficoltà. Le città sono cambiate: crescono i casi di disagio psichico, le condotte violente tra i giovani, e la diffusione del crack anche tra i più giovani.

Sono fenomeni che riguardano molte grandi città italiane ed europee, e che richiedono risposte all’altezza. Anche il centrosinistra deve saper offrire soluzioni: non solo sul piano repressivo, ma con politiche sociali, educative, culturali e di cura dei luoghi. È qui che si inserisce la nostra proposta politica.

Serve uno scatto in avanti: più risorse, più assunzioni, più dignità per chi garantisce la nostra sicurezza. La propaganda non protegge nessuno. Servono visione, programmazione, investimenti. Lo diciamo da tempo e continueremo a farlo: sicurezza significa prima di tutto giustizia sociale, Stato presente, servizi pubblici funzionanti. Solo così si costruiscono comunità più forti e libere dalla paura.

La destra governa da oltre due anni, ma i problemi strutturali restano. L’impiego dell’Esercito è la prova che le vere soluzioni ancora non ci sono. Chi è al Governo ha il dovere di rispondere con politiche, non con slogan. Noi continueremo a incalzarlo, a proporre alternative, a difendere chi rischia ogni giorno. Senza scorciatoie e senza alibi.

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