
Nota Stampa
La sicurezza è correlata alla libertà. Quando una comunità esprime con forza il bisogno di sicurezza, sta chiedendo anche più protezione fisica e sociale. È un’esigenza che emerge con intensità in determinati momenti storici, spesso in conseguenza di fattori economici e sociali che generano insicurezza. In tale contesto, chi ha il compito di governare e amministrare ha il dovere di fornire risposte concrete.
E le forze progressiste, da sempre attente alla giustizia sociale, non possono ignorare queste domande. Il programma “Strade Sicure”, che prevede l’impiego di militari in presidio statico presso scali ferroviari, rappresenta una risposta in grado di aumentare la sicurezza nei luoghi oggi più critici delle nostre città, come le stazioni, che per varie ragioni urbanistiche, sociali o strutturali spesso sono aree problematiche, oltre che a liberare personale di polizia per altri servizi e presidi.
Tuttavia, è importante non cadere nella tentazione di facili trionfalismi, come quelli che arrivano da alcune forze del centrodestra. Va infatti ricordato con chiarezza che la sicurezza, così come il presidio del territorio, è una competenza dello Stato e del Governo centrale, non dei Comuni e la destra ormai governa da due anni e mezzo. Le amministrazioni locali possono collaborare, ma le decisioni strategiche spettano a Roma.
L’attuale scelta di impiegare l’Esercito per presidiare le stazioni è, nei fatti, la conferma di un grave problema strutturale: le forze dell’ordine sono sotto organico. Sebbene i militari possano offrire un contributo in termini di deterrenza, non sono equipaggiati per affrontare in modo efficace le complesse dinamiche della sicurezza urbana.
I numeri parlano chiaro: a fronte di una dotazione teorica di circa 194.000 operatori tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, l’Italia sconta oggi un deficit di oltre 27.000 unità. Inoltre, nonostante i recenti rinnovi contrattuali, le retribuzioni delle forze dell’ordine non hanno recuperato il potere d’acquisto perso con l’inflazione.
Non va poi dimenticato che, solo pochi mesi fa, è stato necessario uno sforzo congiunto delle forze di opposizione, in primis del Partito Democratico, per evitare il taglio del 25% del turnover nelle forze dell’ordine previsto dalla maggioranza di governo nell’ultima Legge di Bilancio. Taglio che avrebbe avuto effetti devastanti, considerando che nei prossimi tre anni si stima l’uscita per pensionamento di almeno 4.000 agenti solo nella Polizia di Stato.
La questione della sicurezza, dunque, non può essere affrontata solo con operazioni mediatiche o soluzioni temporanee. Servono investimenti strutturali, un rafforzamento delle forze dell’ordine, un serio piano di assunzioni e una visione organica. La presenza dell’Esercito potrà anche offrire un presidio, ma il vero banco di prova resta, come sempre, quello dei fatti. Su questo piano che alcune forze politiche, che oggi sventolano la bandiera della sicurezza, finora non hanno dimostrato coerenza né efficacia.