Il conflitto in Ucraina, alcune riflessioni

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Care amiche e cari amici

sono settimane difficili quelle che stiamo vivendo, che ci stanno abituando alla narrazione della quotidianità della guerra a poche centinaia di chilometri dai confini nazionali. Un conflitto nel cuore dell’Europa. Diventa sempre difficile una valutazione obiettiva della situazione attuale, perché in tempo di guerra la comunicazione e le informazioni vengono piegate a quelle che sono le comunicazioni di parte. Lo abbiamo notato nell’ultimo mese, in cui le notizie di guerra hanno subito la propaganda, ma anche perché vi sono sovente opinioni contraddittorie da parte di persone che sono estranee alla lettura imparziale degli avvenimenti.

In questa esposizione importante di comunicazione e informazioni, con il perdurare del conflitto e le conseguenti problematicità economiche per imprese e famiglie, non nascondo una certa preoccupazione per possibili tensioni sociali future, con una comunità che spesso assume toni da tifoserie contrapposte: si registrano già nel dibattito politico e pubblico con una evidente sovrapposizione di quelle che erano, fino a poche settimane fa, le posizioni no vax e no Green Pass con quelle che oggi sono le posizioni a favore di Putin e della Russia, tutte facilmente rintracciabili sui social e nei programmi televisivi.

Non ci rimane che la speranza che il negoziato avviato negli ultimi giorni in Turchia possa portare a un accordo in tempi brevi e a una soluzione diplomatica che ristabilisca la pace. Dalle prime informazioni, si prospetta una trattativa impegnativa che dovrà confermare ciò che è stato negli ultimi anni il principale terreno di scontro a partire dal riconoscimento del Dombass, della Crimea e alla neutralità dell’Ucraina in ambito internazionale. Un eventuale ingresso dell’Ucraina all’interno dell’Unione europea sarà oggetto di revisione nei prossimi anni, sempre mantenendo come caposaldo la sua neutralità, in questo modo i paesi europei possono continuare nel loro compito di garanti per la sicurezza e la difesa dei cittadini ucraini.

Oggi la Russia è in difficoltà; la resistenza ucraina sta opponendosi agli invasori con risultati significativi, seppur ottenuti con estrema difficoltà. Le ragioni che hanno spinto Putin ad attaccare l’Ucraina ancora adesso sono effettivamente non comprensibili e sono falsate dalla propaganda di regime. La cosa certa è che questa guerra sta riducendo un paese in macerie, con decine di migliaia di vittime civili, donne e bambini, e militari. Nel weekend immagini terribili sono arrivate da Bucha, un massacro di civili che non trova giustificazione.

Il nostro paese e le nostre comunità in modo responsabile hanno scelto senza indugiare di aiutare i profughi ucraini, milioni in arrivo in tutta Europa, con un sostegno solidale per definire i corridoi umanitari all’interno dei territori di guerra; inoltre, continua in parallelo l’utilizzo delle sanzioni internazionali per isolare la Russia sul terreno economico e commerciale internazionale.

In questa guerra, abbiamo sempre saputo distinguere l’aggressore dall’aggredito.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a molte polemiche in merito al posizionamento del nostro partito che, dal mio punto di vista, risultano di difficile comprensione. Ritengo invece che la posizione del Partito Democratico sia sempre stata chiara: come ha scritto Gianni Cuperlo, di fronte al popolo oppresso, di fronte a donne e civili uccisi, il tema dell’autodeterminazione dei diritti umani è un argomento che deve essere proprio nel bagaglio culturale della sinistra, senza sé e senza ma.

Allo stesso modo credo che sia fuorviante il tentativo di strumentalizzare il dibattito sulle spese militari, abbandonando quelle che dovrebbero essere posizioni responsabili e credibili di un paese come il nostro che sta all’interno di un’alleanza come quella della Nato, rischiando, oltretutto la credibilità del paese, messa in discussione da inutili polemiche che nulla hanno a che vedere con l’attuale guerra in Ucraina. Il tentativo di legare l’aumento delle spese militari con il conflitto in corso è fuorviante e fuori luogo. Non c’è alcun tipo di relazione. Come è facilmente documentabile attraverso la lettura degli strumenti di bilancio approvati dal nostro Paese, si può notare che è da qualche anno che è in atto un processo di modifica delle spese militari. Sono capitoli di spesa che servono per adeguare e aggiornare le strumentazioni tecnologiche e informatiche.

Infatti, attualmente non assistiamo più solo a guerre combattute con carrarmati e fanterie di terra. Oggi il nemico si sfida anche su altri fronti, in modo ibrido: con attacchi informatici. Pensate, solo per un momento, se avvenisse un attacco alla rete informatica e della rete elettrica della struttura sanitaria ospedaliera di Reggio Emilia che conseguenze irreparabili comporterebbe.

L’impegno dell’Italia per l’incremento delle spese militari al 2 per cento del Pil deriva da un impegno assunto con gli alleati della Nato, stipulato nel 2014. L’aumento delle spese di difesa è stato portato avanti da tutti i governi e rifinanziato dal 2018 fino all’ultima legge di bilancio, all’attuale cifra di circa 25 miliardi (il 2% dovrebbe essere 38miliardi) e, come ha ricordato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, sarà una tendenza che arriverà al 2028.

Ritengo che siano, quindi, da evitare le strumentalizzazioni, assumendo una posizione responsabile rispetto agli accordi internazionali presi e che non può essere definito nella banalizzazione del dibattito pubblico come una contrapposizione tra bellicisti e guerrafondai da una parte e pacifisti dall’altra, anche perché stiamo parlando di strumenti di difesa. È proprio nell’idea che abbiamo di costruire un’Europa che abbia la capacità di definire una politica e un esercito di difesa comune che, per sedersi al tavolo, si debba avere le risorse necessarie per partecipare attivamente (e nel contempo cercare di essere meno interdipendenti in materia di sicurezza internazionale dagli Stati Uniti). Non da ultimo, non dobbiamo dimenticare come vi sia un’importante parte del nostro sistema industriale e produttivo impegnato in questo settore, con aziende leader nella realizzazione di materiale e strumenti di difesa, know how e posti lavoro per l’economia italiana.

Sport, alcune riflessioni sugli ultimi avvenimenti nazionali

Da sportivo amante del calcio, come tanti di voi e come la stragrande maggioranza degli italiani, è ancora forte oggi la delusione per non avere avuto accesso ai mondiali che si svolgevano in Qatar nel 2022 fallendo così per la seconda edizione consecutiva la qualificazione al più importante evento calcistico internazionale.

Potremmo accontentarci di un’analisi tecnico e tattica della partita con la Macedonia e delle ultime partite del girone di qualificazione, in questo caso qualche errore, o meglio diversi errori, dopo la vittoria dell’europeo sono stati compiuti. Con la vittoria di Euro 2020 molto probabilmente è stato sopravvalutato il valore tecnico della nostra squadra e del calcio italiano. Personalmente rimango convinto che non fossimo i più forti allora e non siamo diventati i più scarsi in pochi mesi. Con questo pensiero ovviamente non sto cercando una giustificazione sportiva a quello che io chiamo oggettivamente il fallimento per il sistema calcio italiano. E allora la riflessione che voglio portare, di fronte a questa ennesima delusione, è come sia impellente la necessità di rimettere mano in modo serio e strutturale a un sistema che ormai da troppi anni ha perso qualità, competitività e fascino.

Il differenziale con altre leghe europee, le difficoltà persistenti nelle competizioni europee, a partire dalla Champions League, le problematicità economiche finanziarie che stanno mettendo in discussione la tenuta di molte società, l’incremento delle proprietà straniere con il rischio di riconoscersi in un progetto nazionale forse non avrebbero cambiato il risultato e non ci avrebbero dato nello stesso modo la qualificazione per Qatar 2022, ma ritengo inaccettabile che non sia concessa la possibilità di posticipare una giornata di campionato per consentire un periodo di allenamento più lungo ai giocatori della nazionale prima delle partite per accedere alla qualificazione, visto l’importanza dell’evento per tutto il movimento sportivo italiano e non solo.

Penso che oggi, e su questo punto concordo con quanto espresso dal presidente Gabriele Gravina della FIGC, sia il momento di fermarsi e mettere in campo quelle necessarie riforme utili a migliorare e rafforzare il sistema cacio nel nostro Paese: politiche di sostegno ai settori giovanili, valorizzazione dei giovani talenti italiani nelle nostre prime squadre collegati anche a bonus in materia di diritti televisivi, maggiore finanziarizzazione del sistema calcistico attraverso una valorizzazione del brand, il numero delle squadre attualmente presenti nel campionato, un tetto salariale in raccordo con le altre leghe europee. Questo tipo di riflessione chiaramente non compete alla politica, ma è proprio la politica può aiutare e stimolare le riflessioni. Una scelta che deve essere fatta da tutte le società sportive calcistiche, mettendo da parte l’interesse di parte, perché è evidente come in questo momento lo sport più amato e più seguito dei nostri cittadini risulti in forte crisi.

In merito allo sport, sono stati pubblicati i bandi per gli avvisi relativi ai fondi PNRR, per un totale di 700 milioni. 538 milioni per la rigenerazione o per la costruzione di nuovi impianti per i comuni con più di 50mila abitanti o per capoluoghi di regione o di provincia con più di 20mila abitanti (164 in tutto). Altri 162 milioni sono relativi alla rigenerazione e alla realizzazione di nuovi impianti di interesse di almeno una federazione sportiva, senza limiti di numero abitanti. Sul sito del Dipartimento per lo sport del Governo sono pubblicate tutte le informazioni nel dettaglio.

È stato inoltre pubblicato il terzo elenco dei soggetti che hanno richiesto il credito di imposta per le sponsorizzazioni sportive per l’anno 2020. A questo link tutti gli aggiornamenti.

Scrivetemi a info@andrearossipd.it

Un saluto

Andrea

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